Dischi '22 #11: Teodoro Baù e Andrea Buccarella; The Richard Thompson Acoustic Trio; Caoi de Barra; Evritiki Zygia
Corelli: Sonatas for Viola da Gamba & Continuo - Teodoro Baù, Andrea Buccarella (2022)
Lo so cosa sostengono i maligni, che io detesterei la musica e i musicisti italiani, specie se giovani, per partito preso.
Ebbene, calunnie! Tanto che mi sono invaghito subito di questo disco, con l’esecuzione delle sonate per violino di Corelli nella trascrizione d’epoca per viola da gamba e continuo, qui affidati rispettivamente a due grandi promesse come Teodoro Baù e Andrea Buccarella, quest’ultimo al clavicembalo. Squisito omaggio a uno dei grandi precursori della moderna musica strumentale e sperimentatori della cantabilità dello strumento ad arco, in cui non può che spiccare la classica Follia, qui in chiusura dell’ottimo lavoro.
Comunque la premessa era solo per l’effetto, queste cose non me le dice nessuno, che io sappia.
Live from Honolulu - The Richard Thompson Acoustic Trio
Senza perdermi in altri elogi per il Richard (inter)nazionale, qui lo vediamo tornare a una sua vecchia usanza: quella di prevenire il mercato dei bootleg, quando ancora imperversavano (cielo, sembra una vita fa!) pubblicando un live per ogni tour.
Qui però c’è qualcosa di strano: il live risale infatti al 2006 e sembra precorrere il tour trainato dal disco dell’anno dopo, Sweet Warrior - quando venne anche in Italia, al Teatro Manzoni a Milano, e chi se lo scorda! Stavo salendo le scale di uscita dalla metropolitana quando vidi il manifesto, corsi subito indietro per andare a comprare il biglietto. Ma divago.
Il set, guarda un po’, è completamente acustico, e vede il Richard affiancato dal solito batterista Michael Jerome (il migliore che abbia mai avuto) e al contrabbasso il non parente Danny Thompson, allora suo compagno fisso e membro storico dei Pentangle. Manca un pezzo importante della formazione di allora, il polistrumentista Pete Zorn (scomparso nel ‘16, ahinoi), e non so perché.
Il live resta interessante, oltre che per l’assenza di chitarra elettrica, anche per la scaletta davvero eccentrica - al di là che Thompson non ha mai avuto dei classici irrinunciabili per i suoi concerti (non avrebbe senso, ha scritto troppo di buono; c’è chi vive di pochi singoli esplosivi e chi di solidità di repertorio, e lui è fra questi), qui si alterna qualcosina da, appunto, Sweet Warrior (compreso il singolo a tema iracheno Dad’s Gonna Kill Me), quel po’ di classico che è emerso dai difficili anni con Mitchell Froom (la strappacuore Waltzing’s for Dreamers), altre cose più vecchie (interessantissima la resa della storica Shoot Out the Lights, che mai avrei immaginato poter funzionare in acustico, scarna com’è - perdonami, Richard, perché ho dubitato!) e parecchio dal disco della risurrezione di fine anni ‘90, l’ottimo Mock Tudor. Per il resto è un live di Richard Thompson, va sulla fiducia, ma che scrivo a fare io.
[EP] Thicket - Caoi de Barra (2022)
Una delle mie scoperte più folgoranti dello scorso anno furono senz’altro le Wyvern Lingo. Terzetto femminile basato oggi a Berlino ma originario di Bray (“Sante gonadi, ancora Irlanda???”, si chiederanno i miei venticinque lettori. Sì, ancora e sempre, vi dico che erediteranno la Terra con pieno merito, miei cari), inizialmente coriste e gruppo spalla di Hozier, mi spazzarono subito i capelli rimastimi con un incredibile muro sonoro fatto di voci intrecciate alla perfezione e prodezze strumentali, con un misto mezzo pop, mezzo R&B, mezzo prog, mezzo elettronica, mezzo Prince, mezzo Rory Gallagher, mezzo Genesis oso insinuare, deflagrante e goduriosissimo, pieno di anni ‘90 ma fatti meglio e meglio integrati con quel che c’era prima, tutto sparato in faccia da tre donne che rendono come sei o sette, tali che vorrei tornare nel pozzo nero dell’adolescenza soltanto per poter uggiolare per loro. Non posso che consigliare di recuperarne tutto, specie il disco d’esordio omonimo e gli EP ma con grande attenzione al secondo dell’anno scorso, Awake You Lie, a mio avviso un pelo troppo schiacciato sotto il peso delle sue ambizioni e manchevole di momenti tirati, e per questo poco inferiore al precedente, ma comunque meritevolissimo.
Fatto si è che il gruppo è temporaneamente sciolto e che almeno due membri stanno facendo da sé. Qui parliamo di Caoimhe Barry, con pseudonimo Caoi de Barra [1], sopranino, batterista e chitarra secondaria del gruppo, che lancia il tour irlandese in vespino e propone per l’occasione questo EP saporoso. Il repertorio vede degli intricati brani memori di Joni Mitchell, accompagnati da un tappetino d’archi simile a quello alle spalle di Jeff Buckley, con la ritmica interamente affidata all’ottima chitarra, liquida ed echeggiante, della poliedrica cantante. Amatele, vi dico.
[1] “Caoimhe” è anglicizzato in “Keeva”, il gruppo aoi si pronuncia come una “i” prolungata, magari volgente verso una “e” chiusa, se avete provato a pronunciare correttamente il nome di Saoirse Ronan avete presente. Il gruppo mh volge la “m” in “v”. L’irlandese è una lingua maledetta.
Ormenion - Evritiki Zygia (2020)
Tempo per la curiosità folk di questa tornata, con un’eccellente formazione di folk trace, cioè della regione storica dei greci mezzi barbari ora divisa tra Grecia, Turchia e Bulgaria, un crocevia se mai ce n’è stato uno. Il nome del disco è quello antico della città di confine di, appunto, Ormenio, oggi in territorio greco.
Il gruppo ha scopi espliciti di preservazione, ma come spesso accade, ammodernando. Così alla strumentazione tradizionale, che comprende la lira trace del capo operazioni Alexios Partinoudis e l’immancabile zampogna (già Senofonte riferisce che i Traci zampognavano, e che ciò li distingueva) si affiancano le elettroniche di Alexios Partinoudis, con una dotazione che risale ai Krafwerk e persino inserti di Moog, la nota psichedelica che ne risulta ben sposandosi col ritmo da trance ipnotica del repertorio, dando vita a un distintivo e potente groove trace. Tra i brani si distinguono, direi, l’esordio ventoso e angosciante di Fog, la parodia di serenate di 5 Nights e la variegata composizione originale Ormenion. Una vera scoperta - anche letteralmente volendo, ché come repertorio questo stava proprio sparendo - e un disco terroso, feroce e affascinante. Occhio se avete vicini di casa lamentosi, qui si pesta.
In copertina la maschera di Pourpouris, che scaccia gli spiriti maligni sotto Natale.