La recensione di Neverwinter Nights: Enhanced Edition — marzo 2019
Il mio estemporaneo ritorno dopo un lungo iato
Siamo agli sgoccioli, se non altro per esaurimento del materiale. Qui recensivo il remake di un classico, che allora era un prodotto relativamente nuovo.
La recensione, di stampo vieppiù classico, uscì sul GeekGamer.it del tempo che fu. Si trattava del mio primo pezzo per loro (avrei scritto di Martian Dreams in seguito, che ho anticipato qui per affinità tematica con Ultima VIII) e c’era anche una tipica pagella coi pro e contro, che qui ripropongo senza grafica perché sì. La dicitura finale “acquisto consigliato” corrisponde invece a un tipico semaforo, che in questo caso era verde. C’era anche il voto numerico ma lo sparai, non ne capisco il senso, lasciamo perdere — anche se un’idea per il voto ai dischi ce l’ho, magari ne riparliamo. Come già precisato ai tempi di Martian Dreams, parto dalla bozza in mio possesso; l’originale era stato soggetto a un editing esterno e ulteriore. Sia come sia, non scrivevo di un videogioco da sette anni (da cui l’esordio), sebbene ne avessi parlato via podcast per un po’ di tempo ancora.
All’epoca non era ancora uscito il modulo Tyrants of the Moonsea, e per questo non viene menzionato. Come accennato in finale, avevo idea di recensire i moduli aggiuntivi in un singolo articolone dedicato, ma volevo perlomeno finirli e così attesi troppo.
Il gioco è acquistabile in qualunque store online, anche per console di ultima e penultima generazione e persino per dispositivi iOS e Android.
Sviluppatore: Beamdog
Publisher: Beamdog
Genere: RPG
Disponibile: Digital
PEGI: 12+
Lingua: Inglese (versione italiana disponibile)
Versione Testata: PC
Uscito dalla spelonca e presomi del bel tempo per riabituarmi alla luce del sole, esordisco su questo spazio per riferirvi dell’ultima uscita di Beamdog, che propone ancora una volta una Enhanced Edition di una vecchia gloria della Bioware che fu. Saltati a tempo indeterminato i piani di una riedizione di Icewind Dale 2 — per problemi, pare, di reperimento del codice sorgente — la casa è saltata direttamente all’uscita successiva, il non saprei dire se più famoso o più famigerato Neverwinter Nights. Il titolo rappresentò senz’altro una svolta fondamentale per Bioware, se non altro perché segnò l’abbandono dell’Infinity Engine, 2D e originariamente concepito per un RTS, all’Aurora, 3D e probabilmente più famoso oggi nella versione migliorata alla base dei due Star Wars: Knights of the Old Republic (nonché, su licenza, del primo The Witcher). Ma già qui devo fare un passo indietro e andare sull’autobiografico.
All’epoca, non in grado di avere un sistema debitamente aggiornato, avevo abbandonato in gran parte il gioco per PC in favore della PlayStation, sostituita poi dalla 2, che segnarono la mia fase prevalentemente consolara. Nondimeno mi feci una debita scorpacciata dei giochi basati sull’Infinity — ma arrivati a Neverwinter Nights, non ero più al passo. Oltre ai problemi logistici, dalle recensioni avevo ricavato l’immagine di un gioco che non faceva per me e che segnava un decadimento per Bioware: pesantemente orientato al multiplayer — per me, allora, insostenibile e di nessun interesse —, dalla grafica 3D funzionale ma sgradevole, a cui preferivo senz’altro gli scenari, solidi e particolareggiati, di Infinity, e al servizio di una modularità di cui non vedevo il potenziale; e globalmente un gioco non all’altezza della fama dei padri, troppo semplificato, col fatto di creare e portarsi dietro un personaggio solo, più un mercenario scriptato. Insomma lo mancai, e con poco rincrescimento. Così, questa Enhanced rappresenta per me un recupero — soddisfacente, devo ammettere.

Innanzitutto, Neverwinter Nights si distingue dai predecessori per un fattore chiave: non è solo un gioco. Anzi, il gioco che era incluso nella confezione originale (la cosiddetta Original Campaign) era il meno, ed è oggi tenuto per il punto debole dell’operazione: con Neverwinter Nights si acquistava un prodotto aperto, duttile e intrinsecamente modulare, capace di far vivere ai giocatori i più svariati generi di avventura ruolistica. Ciò grazie alla promessa di nuovi moduli commerciali ma soprattutto all’Aurora Toolset incluso, un potente editor di campagne con cui Bioware invitava i giocatori a costruire e diffondere le proprie avventure; cosa che prosegue a tutt’oggi, trascorsi 17 anni dall’uscita.
La duttilità si mostra anche nell’invito a divertirsi coi personaggi: come già accennato, nel gioco in singolo ne abbiamo solo uno, affiancabile ai cosiddetti henchmen, dei comprimari già pronti e su cui non abbiamo alcun controllo diretto, e arruolabili solo uno alla volta (nei moduli successivi, invece, si sale a due); possiamo pertanto formare un gruppo vero e proprio solo in multiplayer. Entra però qui in gioco il regolamento 3.0 di Dungeons & Dragons, che rimpiazza quello di Advanced D&D usato per i giochi Infinity e si rivela molto più idoneo a un’esperienza su computer, grazie al suo sistema fatto di skill incrementabili, talenti selezionabili e cambi di classe disinvolti, con in più la disponibilità di alcune classi di prestigio (speciali vocazioni disponibili al raggiungimento di determinati requisiti), tutte cose che ci permettono di rendere il personaggio molto più personalizzato, completo e veramente nostro — la community, peraltro, offre a tutt’oggi un’estesa tradizione di build. Il sistema costituisce persino un migliore incentivo al roleplay rispetto ai titoli precedenti (Planescape: Torment escluso), per quanto sempre blandamente: l’allineamento morale del personaggio è infatti influenzato dalle nostre azioni, e vorremo evitare di deviarne troppo, visto che costituisce un vincolo all’acquisizione di molte classi.
Gestire le abilità è molto più semplice e meno farraginoso che con l’astrusa pulsantiera dell’Infinity, combinando un menu a raggiera memore di Planescape: Torment alle barre delle abilità personalizzabili che oggi sono standard in qualunque MMOG. Le abilità di uso continuato — tipicamente lo stealth e la ricerca, tipicamente di trappole — sono affidate a icone standard per qualunque personaggio, e la ricerca è persino automatica se il personaggio è fermo. Niente di nuovo oggi, certo, ma sono cose che in quest’epoca di revival delle belle legnosità di una volta fanno piacere. E comunque è ancora impressionante per praticità d’utilizzo il resto, tra scenari ruotabili e zoomabili a piacere, funzioni affidate a finestre che non si accavallano mai e un praticissimo sistema drag & drop per gestire l’inventario e la compravendita. Qualunque funzione speciale, tipicamente azioni connesse a vari puzzle ambientali, è poi affidata alla finestra di dialogo che si apre contestualmente. Scarno, spartano, e ci si fa tutto: non si potrebbe chiedere molto di più.
Venendo ai contenuti inclusi nell’edizione, essi corrispondono a quelli di Neverwinter Nights Diamond, la raccolta che comprendeva tutte le espansioni ufficiali: oltre all’Original Campaign abbiamo quindi il dittico Shadows of Undrentide e Lords of the Underdark, che insieme consentono di portare un personaggio fino ai cosiddetti livelli epici (quelli superiori al ventesimo, che danno accesso a talenti altrimenti indisponibili); e in più il trittico di Kingmaker, con tre brevi avventure slegate, parte della serie di Premium Modules che poi sarebbero stati interrotti dall’uscita di Neverwinter Nights 2. Di suo la versione Enhanced si inserisce nel solco di quella di Planescape: Torment nella misura in cui non si preoccupa di aggiungere contenuti: essenzialmente abbiamo bugfix vari, il supporto alle risoluzioni 1080p e 4k, la possibilità di scalare di conseguenza le finestre e le icone dell’interfaccia, che altrimenti facilmente risulterebbero troppo piccole, e vari nuovi asset grafici che offrono un’esperienza un po’ più sbrilluccicosa. Nulla viene aggiunto a livello di talenti e classi; e chi possiede già l’edizione Diamond potrebbe trovare ingiustificabile l’acquisto. A tutto questo si aggiunge il rilascio commerciale dei Premium Modules rimasti esclusi, che nel tempo si erano fatti difficili da reperire e che ora sono acquistabili presso il vostro negozio online preferito a mo’ di DLC — parliamo di Wyvern Crown of Cormyr, Infinite Dungeons, Pirates of the Sword Coast, e soprattutto della versione ufficiale di Darkness over Daggerford, ambizioso modulo di Ossian Studios cancellato brutalmente a suo tempo e disponibile, finora, solo sottobanco in una versione non del tutto finalizzata.
Ciò detto e tornando al pacchetto base, non si può non rimarcare come la Original Campaign non sia all’altezza: non brutta, anzi abbastanza piacevole e forse maltrattata oltre i propri effettivi demeriti; ma che non può nascondere la sua natura di enorme tutorial, la sua tendenza a mostrare gli asset del gioco e le potenzialità dell’editor senza preoccuparsi di molto altro. Ne risulta un gioco troppo facile e diluito in scontri con innumerevoli e insignificanti minion, tutto teso a strattonare il protagonista in ambientazioni visivamente differenti con delle scuse qualsiasi — e che per aumentare il grado di sfida si affida in modo esagerato alle trappole: si è quasi costretti a creare un ladro o ad assoldarne uno. Per mettere alla prova un personaggio nuovo dal livello 1 mi sento di raccomandare di passare direttamente a Shadows of Undrentide, che offre un’esperienza più compatta, impegnativa e interessante; stordita giusto in finale dal tipico boss in stile Bioware, ovvero sbilanciato e la cui sconfitta è eccessivamente questione di fortuna e sfruttamento dei limiti dei suoi script. Per quanto riguarda gli altri moduli nel pacchetto, avremo modo di riparlarne.
Acquisto consigliato
GOOD:
- Supporto rinnovato
- Sistema di gioco divertente e duttile
- Niente aggiunte fatue
- Tanti moduli da provare fin da subito…
BAD:
- … ma la campagna base è davvero prescindibile
- Aurora Engine esteticamente inferiore all’Infinity, allora come oggi
- Niente aggiunte punto