Eccoci a un altro aggiornamento monografico, con cui sono lieto di dirvi in anteprima di un altro disco proveniente dall’inesauribile nuova scena folk dublinese sotto l’egida di John ‘Spud’ Murphy — dopo The World That I Knew, disco collaborativo delle Varo per il quale dovete immaginare che vi scrivo di recuperarlo a ogni ora del giorno e della notte, tocca ad All Smiles Tonight, debutto dei Poor Creature. Ma andiamo con ordine.
I Poor Creature nascono poco prima dei tempi pandemici come duo composto da Ruth Clinton, fine ed efficace mezzosoprano in forza nel tenebroso e commovente gruppo vocale delle Landless (elogiai a suo tempo il loro secondo disco Lúireach) e Cormac MacDiarmada, fiddler e voce di supporto in forza nei già leggendari Lankum (ma che ve lo dico a fare). Il duo si forma spontaneamente, semplicemente provando ad arrangiare dei tradizionali ibernici e di derivazione bluegrass — fondamento della proposta a tutt’oggi, come vedremo presto —, giocando con l’intreccio di quotidianità e fantastico così tipico di tali repertori, e vedendo cosa succede. Il tempo passa, il repertorio si forma, il progetto si interrompe perché i due pubblicano e vanno in tour coi rispettivi gruppi; dopo di che il duo si fa trio, con l’aggiunta di John Dermody, batterista e percussionista che ha suonato come “quinto” per gli stessi Lankum (che notoriamente non hanno un percussionista fisso).
La proposta assume la forma definitiva di un ammodernamento dei tradizionali teso a mostrarne il carattere senza tempo, con arrangiamenti di medio-lunga durata che sorgono spontaneamente a partire dalla scelta degli strumenti e di timbri specifici, richiamanti una sorta di artigianalità contemporanea, evocativi di motivi d’altri tempi proiettati a una futura dimensione pop ed elettronica: tra questi il theremin, un keytar e un organetto con ritmi preprogrammati, che forniscono un primo spunto sonoro, un bordone insieme a un semplice ritmo, su cui poi il brano si sviluppa e lievita introducendo via via le voci e la batteria, con un risultato acidulo — se non affine alla psichedelia talvolta — e dalla poliritmia spiccata. Il materiale è peraltro selezionato tra quello più straziante e melanconico, per un risultato contrastato, capace di far subito drizzare le antenne all’ascoltatore — un contrasto tipicamente “da lockdown”, con la memoria che incontra lo straniamento, groove incalzanti mentre la tristezza entra sotto pelle.
Si comincia col brano uscito come secondo singolo, Adieu Lovely Erin, un irresistibile crescendo orientato intorno alle oscillazioni costanti della voce di Ruth che canta di esilio, e accompagnato da un video sconcertante con delle sorte di buffi kaiju che dondolano su tipici paesaggi irlandesi. Segue Bury Me Not, funerea cowboy ballad sulle disposizioni di una moribonda trasformata in una bizzarria goth.
A seguire il primo, a suo tempo sconvolgente, singolo, The Whole Town Knows: i beat partono subito ad accompagnare le voci di Ruth e Cormac per una versione aspra e dal tono sospeso del pezzo di Ray Lynam & Philomena Begley, su un tradimento scoperto che diventa un ostinato ribadire che “non si può vivere così”. Anche qui il brano monta ed esplode, stavolta in una lunga coda strumentale, rumoreggiante e inquieta. Si prosegue ancora nella trasfigurazione country con Lorene, brano reso famoso a suo tempo dai Louvin Brothers e qui magnificamente reso in una struggente ballata acustica, con una chitarra in arpeggio e la voce del solo Cormac a strapparci il cuore narrando di lettere lasciate senza risposta.
Si cambia presto tono col momento più bizzarro, nonché l’unico brano in irlandese: la resa di An Draighneán Donn (“Il rovo bruno”) vede voci sovraincise, un bordone montante e tocchi aspri di fiddle a urlare il rimpianto di una protagonista che balza da un amore all’altro senza poter dimenticare quello perduto per sempre.
Si torna al folk americano, precisamente con la title track, All Smiles Tonight, su una donna a un ballo che vede l’uomo che ama con un’altra e si ripromette di non tradire la sua pena, essere “tutta sorrisi” per l’intera serata. La cadenza da filastrocca in tale contesto doloroso risulta in una sorta di synth-pop che pure sa riprodurre esattamente il contrasto di umori proprio del miglior bluegrass; a impreziosire il tutto il video artigianale con una Ruth che si aggira affettata per un luna park visto attraverso una coltre di fumo.
Si attinge poi al repertorio di Doc Watson con Hick’s Farewell, un canto attribuito al reverendo dal reverendo battista B. Hicks, attivo nella Carolina del Sud, che saluta i suoi confratelli e consorelle prima dell’estremo viaggio. Una batteria inesorabile, un fiddle stranito e pedali elettronici accompagnano un lamento funebre che non sfigurerebbe nel repertorio dei Lankum o degli orrorosi ØXN (il supergruppo di Spud a base di murder ballads). Si chiude più che degnamente col brano più esteso, Willie-O, sul classico tema della visita da parte dello spettro dell’amato: il gruppo porta qui al culmine l’idea di fondo di una mitologia calata nel quotidiano con un brano squisitamente Irish, con la voce di Ruth più prominente che mai nel missaggio a librarsi su dei bordoni che finiscono per esplodere in una lunga coda che frastorna e commuove.
Arriviamo alla fine col senso di uno di quei dischi così proiettati in avanti da sembrare quasi la promessa di altro di ancora più bello, piuttosto che un lavoro in sé compiuto. Se avete una parvenza di amore per i repertori di derivazione ibernica non perdetene questa interpretazione potente, struggente, oscura, allusiva, ingegnosissima.
All Smiles Tonight esce venerdì 11 luglio; fino ad allora su Bandcamp possiamo apprezzare solamente i singoli, di cui vi lascio anche i video qui sotto. Contestualmente pubblicherò una nuova playlist che prosegue la serie di Estate col Piffero, in cui il disco farà la parte del leone (e ciò potrebbe implicare un’uscita rimandata al pomeriggio-sera, vi avviso fin d’ora). Buona settimana e alla prossima!