Lisa Knapp da Londra è una delle voci (e non solo) più promettenti nel nuovo folk britannico, quello più ardito e proiettato a fare da cerniera al futuro. Più volte nella sua discografia passata è stata coadiuvata dal produttore e polistrumentista (ancorché specializzato nel fiddle) Gerry Diver — i due sono anche una coppia sposata nella vita, ma non ne ho avuto conferma fino a tempi recentissimi —, sin dal primo disco lungo Wild and Undaunted del '7, raccolta per lo più di tradizionali arrangiati che già dispiegava le prerogative della proposta di Lisa: un folk ardito, gremito di suoni in emersione, cambi di tempo e velocità e soluzioni percussive a sostegno di una voce lieve, un po’ ruvida e assai incline al sovracuto, magnetica e inconfondibile.
Per parte sua Gerry continua a farsi un nome come produttore (lavorando, fra gli altri, con Tom Robinson, James Yorkston, Billy Bragg, Sam Lee, Damon Albarn), si distingue con progetti come Speech Project (una sorta di concept album sulla cadenza del parlato degli irlandesi, nientemeno) e come già accennato, partecipa ancora ai dischi di Lisa, passando per Hidden Seam del '13 e la consacrazione di Till April is Dead ≈ A Garland Of May del '17, un avventuroso concept album sulla figura della Regina di Maggio corredato di ospiti presenti nel portfolio di Gerry — precisamente David Tibet dei Current 93, Mary Hampton e Graham Coxon (meglio noto come “il quattrocchi storico dei Blur”).
Ben otto anni sono passati e, con una campagna Kickstarter, i due tornano, stavolta con un disco ad attribuzione doppia e Gerry ufficialmente in primo piano. Il risultato è questo Hinterland che, riassumendo molto, è un disco folk che viaggia tra Inghilterra e Irlanda con forza immaginifica e qualità massima. Ma vediamo meglio.
Nove tracce in tutto, suonate per intero dal duo con la sola aggiunta di Pete Flood a batteria e percussioni, di nuovo per un disco abbastanza condensato (è il presente nonché il futuro, vi dico!); di queste sei sono tradizionali arrangiati e tre sono pezzi originali. Il primo fra questi ultimi è anche il secondo singolo, Train Song (presentatovi da me a suo tempo) che riproduce appunto un viaggio in treno, con un testo fatto di associazioni di idee nella mente del viaggiatore a partire da cose e scampoli di paesaggio visti fuori dal finestrino, e con un arrangiamento a base di un piano martellato e di un accumulo sonoro su una ridondante base percussiva — con persino uno yangqin o altro salterio sul finire. Tradizionale è invece il brano di apertura e primo singolo, la sensazionale Hawk & Crow, teso e incalzante dialogo tra uccelli che riferiscono delle loro trascorse imprese d’amore, che mette subito l’ascoltatore dell’umore.
Lisa scrive ancora un suo tipico testo, diretto e fatto di elementi giustapposti, per un altro brano originale, forse il più ardito del disco: Star Carr deve il suo nome al sito archeologico nello Yorkshire in cui è stato ritrovato un paio di palchi da cervo indossabili risalenti a ben 11.000 anni fa. Le parole rinviano a chissà quale rito antico, fluttuando sul fiddle e su percussioni sempre più incalzanti e variate fino a una drum machine ancestrale. Altra inquietudine è data poi dal momento murder ballad, assicurato da una sconcertante Long Lankin dilatata e quasi orrorosa, dominata da un groove a base di piatti e rullante.
A sorprendermi di più è stata, però, l’alternanza tra questi momenti e altri di grande delicatezza, apprezzabile soprattutto nell’approccio al materiale irlandese, fatto di arrangiamenti all’osso, evocativi di un folk notturno e discreto: I Must Away Love vede la voce coadiuvata da un drone e da un banjo, per una ballata struggente con sentori di Americana; sensazioni simili dà Loving Hannah (scoperta dal duo grazie a Colin Irvin e Mary McPartlan, drammaturghi recentemente scomparsi); ed è dolcissima la conclusione con The Lass of Aughrim, la celebre canzone al centro della novella I morti di James Joyce (il flusso di pensieri amari del protagonista è innescato proprio dal suo ascolto): qui la ballata è proposta in una versione con piano ed evocativa di quella che si può sentire nell’adattamento The Dead - Gente di Dublino di James Houston, ancorché restituita a una dimensione folk, intorbidata e dal finale irrisolto. Completano il quadro due strumentali: un tipico assemblaggio di gighe con Monaghan Jig/Monks Jig Set in cui Gerry fa la parte del leone; e il terzo inedito, Penumbra, suggestiva giustapposizione di due motivi di pari importanza in un modo che mi ha rinviato ad Arvo Pärt, se la cosa ha senso.
A proposito del disco, Lisa ha parlato della varietà tematica, l’esplorazione di umano e non umano, conosciuto e ignoto; Gerry ha parlato invece in modo più musicologico sulla potenzialità del folk, la sua duttilità, la sua capacità di farsi ogni volta “crudo, vero, sfrenato”. Per parte mia, le promesse sono mantenute: Hinterland è vario, sorprendente, un po’ culla e un po’ sfida, sempre mantiene l’attenzione. Bellissimo.
Vi lascio al disco su Bandcamp e ai video dei due singoli (spettacolare soprattutto quello di Hawk & Crow, a firma Marry Waterson). Godetevelo forte, io vi aspetto alla prossima!