Villanelle, Balletti et altre Musiche di varia sorte — La Misticanza, Anna Fusek, Simona Gatto
NovAntiqua, 2023
Mentre aspettiamo le uscite dell’anno… musica antica, va’.
Avevo già accennato all’ottima etichetta NovAntiqua di Roma a proposito del nuovo disco dell’ensemble Murmur Mori, il delizioso Canzoneta, Va! (rileggetemi qui). Se quelli erano veterani con già delle pubblicazioni all’attivo, qui invece abbiamo un esordio discografico, con la prima pubblicazione dell’ensemble italico La Misticanza: appunto un’insalata di strumenti, tutti cordofoni e quasi tutti a pizzico. Precisamente abbiamo clavicembalo1, liuto e arciliuto, chitarra barocca e tiorba, col sostegno di una viola da gamba, solo strumento ad arco. La proposta è intuibile dalla formazione: si va dal tardo Rinascimento al Barocco, esplorando l’epoca dell’esplosione della musica strumentale. In particolare qui viene esplorato il genere della villanella, anticipatrice formale di quel madrigale che verrà perfezionato da Claudio Monteverdi, e un misto di balletti e danze che ci traghetta verso gli albori del Barocco — tutto repertorio profano, s’intende. Ospiti dell’ensemble sono Anna Fusek, polistrumentista specializzata in aerofoni, e Simona Gatto, cantante.
Il disco vede un’alternanza di compositori maggiori e meno noti, a partire da quel Salamone Rossi, ebreo, che apre le danze con la Sinfonia Settima (in quest’epoca “sinfonia” è un termine ombrello per vari generi strumentali, comprensivo finanche dei preludi; niente a che vedere con le poderose composizioni di Ludovico e soci). Si approda presto a Napoli col ben più noto Orlando di Lasso, fiammingo attivo lì, con la canzonetta Saccio 'na cosa, in cui si inizia ad apprezzare la Gatto e il suo approccio vocale piuttosto moderno. La Fusek fa la sua comparsa con un pezzo di bravura scritto dal Falconieri, anche lui di scuola napoletana, la velocissima El Melo — sempre sua è la Passacaglia Dolci sospiri, con entrambe le ospiti; uno dei punti di forza del disco. La Fusek riappare poi ne La Bernabea e ne La Castella del Mealli, oltre che ne La Mota nuovamente del Falconieri, e ancora scatenatissima. Non si trascura la Venezia prima di Vivaldi, con la delicata Già Risi del Kapsberger. Da segnalare senz’altro anche La danza del Ruffo, che ci porta a Verona assieme al Duo tutto di fantasia di Vincenzo Galilei (padre di quello). In chiusura si rimescolano un po’ le carte, col fiammingo Jacob Clemens non Papa (Je mais languirage, in cui spicca la viola) e la tradizionale e notissima Pavana. Nel repertorio cantato non può che spiccare Stefano Landi, il romano che conoscete senz’altro per la Passacaglia della vita; qui con la struggente Io mi vivea. Si chiude in bellezza con Girolamo Frescobaldi, il grande ferrarese attivo a Roma e Firenze: la splendida Begl’occhi, cantata dalla Gatto, ci porta già nella seconda pratica consolidata da Monteverdi e a conclusione del viaggio.
In conclusione: l’impressione fatta dall’ensemble sulle mie orecchie barbariche è ottima; le esecuzioni sono forse un po’ moderniste ma piacevolissime, e il repertorio quasi tutto di prima grandezza. Consigliatissimo se siete appassionati, o curiosi, di questo momento liminale — e non certo molto conosciuto — della storia della musica, con un dominio di italiani e fiamminghi ancora incontrastato.
Molto simpatico anche il libretto dell’edizione su CD, che comprende un Gioco dell’oca a guisa di serpente con cui si illustra il percorso musicale offerto dal disco; e l’altra volta ho colpevolmente trascurato di dire una cosa importante sull’etichetta NovAntiqua: la sua peculiarissima politica per quanto riguarda le edizioni su CD, per cui all’appassionato è dato di fare il suo prezzo a spedizione avvenuta, con la possibilità di scaricare in seguito l’edizione digitale — che da sola è, invece, prezzata. Per farvi dare un primo ascolto, qui mi servo di Spotify. Alla prossima!
Che è uno strumento a pizzico, sì; la pressione del tasto muove infatti un plettro. Sapevatelo!