Piffero Roundup #31
Màiri Morrison & Alasdair Roberts; The Sixteen; Kuunatic; Aèdes; 9Bach; Retimbrar
Piffero Roundup è la rubrica con cui tengo il passo delle musiche che ci interessano, raccontandovi un paio di dischi e qualche brano singolo di recente uscita.
Cominciamo il riepilogo con un’accoppiata per i tipi della Drag City: Màiri Morrison e quell’istituzione vivente della Caledonia folk che è Alasdair Roberts collaborano nuovamente a ben tredici anni dal precedente e ottimo Urstan, raccolta di canzoni in scots, e insieme al bassista e arrangiatore canadese Pete Johnston ci offrono ora questo Remembered in Exile: Songs and Ballads from Nova Scotia — si capisce dal titolo che andiamo appunto in Nuova Scozia, Canada, con canzoni del luogo raccolte a suo tempo dalla folklorista Helen Creighton e riarrangiate all’uopo. La voce della Morrison domina nei pezzi in gaelico e il Roberts, che ha meno familiarità con l’idioma, si riserva quelli in inglese; Johnston per parte sua offre sostegno di continui e pulsazioni, oltre ad avvalersi di turnisti conterranei — una batteria e un banjo qui, un fiddle e un harmonium lì — per una raccolta dagli arrangiamenti asciutti, poco stratificati e sorprendenti in modo sottile, mantenendo un tono leggero, casereccio, con sofisticatezze che emergono all’improvviso, a commento sussurrato degli immediatissimi motivi.
La raccolta è piena di curiosità e si segnalano Sir Neil and Glengyle e Katharine Jaffray, estese e narrative, con la seconda condita di stranezze ritmiche; è poi interessante la Peggy Gordon molto diversa dalle versioni iberniche (e col racconto interrotto perché il cantante ha sete!). Druimfhionn donn è percussiva e intrigante, Uillieam Glen d’atmosfera e bordonata; il singolo The Bonny House of Airlie è poi un esempio di sconfinamento nel folk-rock con Roberts, sempre chitarrista provetto, che mette sul piatto un po’ di fuzz. Tutto bello.
Vi lascio al disco su Spotify (per sentirlo tutto su Bandcamp va comprato) e al video di The Bonny House of Airlie.
Lo straordinario ensemble vocale britannico The Sixteen, fondato e tuttora diretto da Harry Christophers, pubblica sempre un sacco e non so stargli dietro, ma sono comunque ben felice di segnalare l’ultimo Angel of Peace, messa su disco dello spettacolo Choral Pilgrimage: Angel of Peace, che si propone di richiamare la pace e donare un po’ di requie e contemplazione in questi tempi di conflitti montanti con polifonie vocali accompagnate o meno dal violino di Sarah Sexton.
Apertura e intermezzo sono affidati nientemeno che all’Ave, generosa di santa Ildegarda di Bingen, fra le altre cose una grande compositrice di polifonia in piena riscoperta negli ultimi tempi, qui con violino a tenere bordone in sovrappiù. Si passa poi al consueto lavoro contemporaneo su motivi antichi del sempre enorme Arvo Pärt (Tribute to Caesar, Da pacem Domine e il vibrante Magnificat), di cui peraltro si festeggiano i 90 anni. Abbondano poi gli inglesi, sia in ambito antico (John Taverner con Gaude plurimum e O splendor gloriae) che contemporaneo: Will Todd musica le parole del Cardinale Newman nella sua eterea e splendida I Shall Be an Angel of Peace; e il repertorio si completa con un pezzo di Anna Clyne in anteprima, una straordinaria Orbits dal violino medievaleggiante ad accompagnare parole di Rainer Maria Rilke. Qualità altissima, come sempre dobbiamo aspettarci dall’ensemble.
Vi avevo parlato qualche riepilogo fa del nuovo disco delle Kuunatic di Tokyo, terzetto prog-garage-psichedelico venato di uno space folk alla giapponese assicurato da una messe di strumenti tradizionali — ora ci siamo e Wheels of Ömon, per i tipi della Glitterbeat di Amburgo, è tra noi. Seguito del precedente Gate of Klüna, debutto delle tre sulle vicende del loro pianeta d’origine Kuurandia, il disco scandisce i riti connessi a Ömon, il sole che descrive la sua orbita di 45 ore terrestri attorno al pianeta. Si rumoreggia, si canta a tre e si fanno vibrare i tamburi rituali in una sorta di variante orientale dei mitici Magma. Lo sho, strumento tradizionale ad ancia libera tipico della musica di corte, apre e chiude le danze — prima nella lunga e teatrale Yew’s Path, poi nel finale squisitamente settantiano di Syzygy and A Counter Truth — le quali sono colme di vibrazione, richiami ancestrali e un generale senso di sospensione e mistero, incalzato da groove sempre interessanti. Si segnalano tra i brani anche il singolo Disembodied Ternion, potente e rumoroso, il coro a cappella montanaro di Myth of Klüna (omaggio alle Alpi svizzere in cui il terzetto ha soggiornato durante le registrazioni), l’ipnotica Yellow Serpent e il recupero delle sonorità Ainu in Kuuminiyo in collaborazione con Rekpo, cantante Ainu appunto che impersona la profetessa di Klüna. Bizzarro e potente.
Vi lascio al disco su Bandcamp e ai video di Disembodied Ternion e Yellow Serpent, che per qualche ragione sono scampoli dei rispettivi brani di 33 secondi esatti.
Siamo ora a Ogeu Les Bains in Francia per un nuovo EP degli Aèdes, del cui precedente Camin Sobiran avevo fatto cenno quando ancora scrivevo commenti mignon su Facebook. Il duo composto da Lutxi Achiary e Thomas Baudoin offre tre brani per voci, tambourins à cordes e shruti box che sembrano fare quasi un uso punk del tambourin, specie in Orage ; o persino uno blues, specie in Rossinholet; rimane poi Coma l’aiga, recitativo in occitano su parole di Marcèla Delpastre. A mio parere ancora un lavoro un po’ ombelicale, ma certamente curioso.
Graditissimo ritorno per me quello dei 9Bach di Cardiff! La formazione di alternative folk tutto in gallese con a capo la bella e perentoria voce di Lisa Jén ci fa sentire questa Llaw - 101 Mix, molto groovy grazie alla collaborazione con Andy Gangadeen, che dovrebbe produrre il nuovo disco e rinforzare il suono del gruppo coi suoi battiti in levare, rendendolo più danzereccio; la cosa sembra anche corrispondere all’abbandono degli studi della Real World in cui era nato il precedente Anian. A ogni modo, il brano è un folk-pop incalzante e di prima forza che promette benissimo. Niente titolo del disco né data di uscita per il momento, stiamo a vedere.
Concludiamo a Oporto in Portogallo col nuovo singolo dei Retimbar, campioni di una messa a nuovo di brani tradizionali portoghesi da loro battezzata TugaBeat. Non seppi coprire l’ultimo, interessante disco Levantar do Chão del '22, e cerco ora di farmi perdonare: questa nuova Só Ouve o Brado da Terra è una cover dal grande José (o Zeca) Afonso, cantautore di Aveiro famoso localmente per le sue canzoni di rivolta e resistenza e influenzato dai suoni dell’Angola e del Mozambico in cui era vissuto. Influenze molto sensibili in questo brano, un folk latino ricco e sentito con tocchi elettrici di gusto prog che rimandano proprio al periodo.
Con questo è tutto per il riepilogo. Vi aspetto fra qualche giorno con la playlist del Piffero a esso ispirata e vi auguro buona settimana. Alla prossima!
Grazie mille per avermi fatto scoprire le kuunatic!